Che cosa abbiamo nella testa? La formazione tra l’euristica e la razionalità

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Il punto di vista di Giuseppe Conte, Direttore Centrale Formazione e Sviluppo Risorse Umane in Inps, su Che cosa abbiamo nella testa? Il cammino accidentato della ragione, il testo di Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso.

In vista della presentazione del testo Che cosa Abbiamo nella testa?, L’euristica e la razionalità, abbiamo intervistato Giuseppe Conte, Direttore Centrale della Formazione e Sviluppo Risorse Umane di Inps.

Giuseppe Conte apporterà il proprio contributo sull’euristica e la razionalità, in quanto direttore della formazione e sviluppo delle risorse umane in una delle organizzazioni pubbliche più importanti.

Di seguito le quattro domande che abbiamo posto al Direttore Centrale della Formazione, Giuseppe Conte:

Giuseppe Conte, Che cosa abbiamo nella testa? La formazione tra l'euristica e la razionalità
Giuseppe Conte, Che cosa abbiamo nella testa? La formazione tra l’euristica e la razionalità

L’intervista

Le quattro domande che abbiamo fatto al Direttore Centrale Formazione e Sviluppo Risorse Umane di Inps,

1) Quale l’utilità dell’incontro tra le neuroscienze e la formazione per lo sviluppo e il miglioramento delle organizzazioni e delle risorse umane? 

«L’incontro tra le neuroscienze e la formazione è stato sicuramente importante per lo sviluppo e il miglioramento delle organizzazioni e delle risorse umane», afferma Conte.

«In particolare, la formazione ha sempre avuto un’impostazione che privilegiava le componenti legate alla razionalità. Nelle organizzazioni c’era una forte accentuazione dei temi legati alla prevedibilità, alla ripetibilità e all’individuazione di comportamenti da standardizzare e ripetere.

Si credeva, infatti, che standardizzare e uniformare il più possibile i comportamenti fosse la strada migliore per raggiungere l’efficienza. La fiducia assoluta in queste impostazioni è andata bene fino a quando i cambiamenti avvenivano in tempi più lenti rispetto a quelli attuali».

L’esperienza del ‘900 aveva già messo in crisi il paradigma dell’assoluta razionalità. Ma, spiega Conte, in molte strutture l’effetto è arrivato tardi.

«Per quanto riguarda specificamente la formazione, oggi, noi di Inps, ci stiamo aprendo anche a nuove impostazioni. Una formazione che tende a privilegiare i momenti di scoperta, di formazione o di autoformazione di se stessi, in relazione a quelli che sono gli indirizzi generali che l’istituto vuole dare all’organizzazione.

Sicuramente, rispetto a prima, si registra un cambio di tendenza. Non si indicano più certi comportamenti da mettere in atto, ma si cerca di formare ed auto-formare le persone in base a quelli che sono i meccanismi e valori che danno alla persona di assumere da sé le decisioni più razionali in relazione ai casi concreti», spiega Conte.

C’è dunque un abbandono dell’idea di formare la persona mediante comportamenti prescrittivi, per formarle nel prendere decisioni più concrete ed efficienti rispetto a situazioni specifiche.

«Il mondo cambia in modo troppo veloce per rincorrerlo ed aggiornare e diffondere costantemente le sempre nuove prescrizioni. L’orientamento che seguiamo è dare una “cassetta degli attrezzi”. Quindi, insegnando non più a memorizzare procedure, quanto piuttosto ad adoperare al meglio e in tutte le loro potenzialità gli strumenti.

Attenzione. Non si tratta di un abbandono della razionalità. Ma di un adeguamento di quest’ultima ad un mondo che cambia velocemente e a situazioni complicate e complesse.

Saranno le persone a trovare soluzioni nelle situazioni concrete utilizzando quegli strumenti che abbiamo fornito loro, lavorando, appunto, più sulle tecniche che sulle risposte», conclude Conte.

2) “La razionalità è un piano di lavoro che può informare se stesso, l’azione, la valutazione e infine la decisione”, come può la razionalità essere utile allo sviluppo delle risorse umane

«La razionalità sarà sempre più importante per lo sviluppo delle risorse umane. Riporto un esempio.

Fino al ’93, il compito principale dei dirigenti pubblici era quello di organizzare gli uffici secondo disposizione di legge. Ossia far sì che le pratiche venissero erogate secondo regole precise.

Si aveva fiducia nella razionalità della legge, la quale avrebbe delineato tutti i casi possibili. Per cui, di fatto, il compito che avevano i dirigenti era far sì che la legge venisse applicata in tutti i suoi articoli, commi, e disposizioni».

La fiducia stava, dunque, nella razionalità della legge

«Si pensava infatti che si potessero affrontare tutti i casi sulla base di un principio di razionalità e di fiducia ideologica, ossia nel fatto che la legge potesse davvero regolare tutto.

Dal ’93 il ruolo del dirigente è profondamente cambiato, anche se con lentezza e ritardo. Da mero esecutore di disposizioni di legge si è trasformato in “gestore” delle risorse, colui che deve assicurarsi di raggiungere gli obiettivi prefissati sempre nell’ambito di un sistema di vincoli esterni. E in questo caso è la legge ad indicare i sistemi in cui muoversi.

Le regole diventano un recinto esterno che delimitano la libertà di azione, il diritto e la decisione. Ma, alla fine, deve essere il dirigente a scoprire e percorrere giorno per giorno le strade che lo porteranno più facilmente ai risultati che gli vengono assegnati, o da raggiungere.

C’è un’evoluzione nel modo di interpretare il proprio ruolo, che in qualche modo si collega anche ad un cambio di prospettive che si sta realizzando. In Italia, nel mondo della pubblica amministrazione, solo negli anni ’90 si è preso atto che la realtà doveva evolvere, e da questo punto di vista credo che si stia sviluppando abbastanza velocemente, al di là delle resistenze al cambiamento sempre comprensibili e fisiologiche».

3) Come, invece, l’euristica, intesa come quella maniera veloce e gratuita di farci un’idea di quello che ci sta accadendo, può essere utile nei processi aziendali, soprattutto in quelli più automatici?

«La necessità di prendere decisioni veloci, senza affidarsi ai processi di razionalità lenta, sta diventando sempre più evidente. Uno dei fattori di criticità delle aziende troppo complesse è proprio la lentezza di reazione, soprattutto rispetto al cambiamento.

Questo per un’azienda privata è dannoso al punto da provocarne l’uscita dal mercato. Soprattutto le aziende troppo complesse hanno questo difetto, che in generale riflette i limiti che riguardano le singole persone.

Ci sono persone che hanno difficoltà nel prendere decisioni rapide. Che hanno bisogno di meditare in maniera approfondita o confrontarsi, razionalizzare, e così via. Ma in un mondo che va sempre più veloce questo può diventar un limite.

Attenzione, questo non significa che bisogna abbandonare lo studio, la preparazione, la meditazione. Ma significa che dobbiamo imparare a coltivare anche quella capacità di prendere decisioni rapidamente. Non in modo semplicemente intuitivo, ma allenandoci ad applicare velocemente tutta la serie di tecniche e di strumenti che dobbiamo già avere imparato in precedenza».

Importante è dunque il lavoro sulle competenze

«Da un lato, bisogna fare un lavoro importante sulle competenze trasversali. In queste è contemplato lo studio dei grandi fenomeni, che ci aiutano a capire la direzione in cui sta andando il mondo che ci circonda.

Dall’altro, bisogna incrementare lo studio sulle nostre competenze comportamentali. Questo permette alle persone di sviluppare quelle caratteristiche che, al momento giusto, consentiranno di prendere decisioni veloci e razionali, senza dover affrontare tutta quella serie di meta strutture precedenti».

Bisogna stare attenti alla differenza tra la capacità di prendere decisioni veloci e quella, cosiddetta, intuitiva

«È importante difendere le persone dal sistema di equivoci e pregiudizi che si portano dietro, il quale tende a distorcere le nostre decisioni. Quindi l’“allenamento” o una buona casetta degli attrezzi, devono aiutarci a prendere decisioni veloci, senza cadere in equivoci e pregiudizi.

Quest’ultimi sono naturali, ma possono anche condizionarci a tal punto da farci prendere decisioni sbagliate».

L’evento Che cosa abbiamo nella testa? L’euristica e la razionalità

Che cosa abbiamo nella testa?

Il 6 Luglio alle ore 18:00 Iscriviti!

Il programma della giornata:

A tu per tu con gli autori:

Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso

parteciperanno:

Giuseppe Buonanno, Nuovi Servizi Retail Banca Intesa,

Giuseppe Conte, Direttore Centrale Formazione e sviluppo risorse umane INPS – Credito e Welfare dipendenti pubblici

Matilde Marandola, Presidente Nazionale AIDP – Associazione Italiana Direzione Personale

modera 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐁𝐫𝐮𝐧𝐨, Giornalista

Acquista il libro Che cosa abbiamo nella testa

cosa abbiamo nella testa? Boncinelli e Calvaruso
Che cosa abbiamo nella testa? La formazione tra l’euristica e la razionalità

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