Stati Generali della Formazione e del Lavoro*

Di Ugo Calvaruso e Paolo Viel

* articolo pubblicato sul numero 11 di AIF Learning News del nov-dic 2019.

Una novità formativa ancora tutta da scoprire (1° PARTE)

Che cosa sono gli Stati Generali: oltre la qualificazione c’è la comunità

Nel 2018 l’AIF Academy, struttura organizzativa dell’Associazione Italiana Formatori, ha organizzato dei percorsi formativi propedeutici all’iscrizione ai registri di qualificazione specialistica ai sensi della legge 4/2013. A partire da questa esperienza il Direttore di AIF Academy, Antonello Calvaruso, ha avviato la progettazione di un sistema di formazione continua blended, pregnante e mobilitante.

Affrontando le diverse avversità e complessità presenti nel mondo digitale dell’e-learning, tra il 2018 e il 2019 è stato ideato il progetto degli Stati Generali della Formazione e del Lavoro. Questo progetto ha cercato di affrontare di petto le banalità in cui spesso s’incorre quando si parla di e-learning, definendo un diverso sentiero percorribile per accreditare le diverse figure professionali della formazione in modo autorevole, innovativo e orizzontale. In questo modo, invece di rispondere in maniera formale e passiva all’obbligo di acquisizione dei crediti formativi necessari per il rilascio dell’attestato di qualificazione, è stato messo in moto un sistema che si pone l’obiettivo di creare una comunità tra pari che, attraverso il confronto e inseriti all’interno di un contesto “social” guidato da attività di supporto, riesca a condividere idee, rilevare e approfondire specifiche problematiche all’interno di una particolare tematica e, infine, ipotizzare quali strumenti, metodologie o altre proposte possano essere messe in campo per risolvere i problemi e raggiungere dei miglioramenti, soprattutto nell’ambito dello stesso processo formativo.

Più che un percorso formativo, finalizzato alla qualificazione professionale, il progetto degli Stati Generali della Formazione e del Lavoro è diventato l’opportunità di poter partecipare a un momento di significativa trasformazione del mondo della formazione italiana. Il sistema blended sviluppato promuove, infatti, una cultura di co-creazione, multidisciplinare, interdisciplinare e di co-design, che usufruisce di piattaforme crowdsourcing, attività svolte a distanza, in presenza e in streaming, di assistenza ai clienti ininterrotta, e non solo. Una vera e propria realtà blended, in cui non si “subiscono” passivamente slide o materiali digitali messi su piattaforma e non si è irretiti in banali discussioni su piattaforme social, ma si naviga in un sistema pensato, progettato e messo in pratica come servizio innovativo che implementa e rende più efficienti i processi di apprendimento.

Con gli Stati Generali della Formazione e del Lavoro è stato creato un vero e proprio servizio di social learning innovativo e blended in cui c’è una partecipazione attiva, mirata e approfondita poiché gli esperti del settore sono inseriti all’interno di un servizio multidimensionale, ben organizzato e propositivo. Perciò, la novità del servizio offerto non è tanto la piattaforma utilizzata (seppur innovativa) o la possibilità di far discutere diverse persone su un “social”, quanto la sua struttura organizzativa, che collega, integra e fa interagire l’ambiente virtuale (strutturato attraverso fasi e tematiche ben specifiche), eventi in presenza (resi vivibili anche a distanza attraverso lo streaming) e tutt’una serie di attività di supporto e di gestione della comunità, che consentono di passare dall’elaborazione della discussione alla co-redazione del Libro Bianco della Formazione.

Come si può ben comprendere si va ben oltre la qualificazione, poiché si sta creando una comunità di professionisti della formazione che partecipa attivamente, e continuamente, al fine di migliorare tecnicamente, e istituzionalmente, il sistema formativo italiano.

Dall’e-learning al crowdsourcing: nuove piattaforme e la richiesta di nuove modalità per generare e migliorare le “forme” d’apprendimento

Lo sviluppo dei media, di Internet, del Web e delle piattaforme ha generato un incremento esponenziale nel flusso di informazioni provenienti da fonti diverse. In uno scenario in cui anche le conoscenze e i prodotti più all’avanguardia sono destinati a diventare velocemente resi obsoleti, l’attenzione degli operatori economici è focalizzata non soltanto a ridurre i tempi di sviluppo e la commercializzazione di un nuovo prodotto o servizio (time to market), ma anche a ridurre i tempi per sviluppare quelle competenze necessarie a mettere a punto prodotti e servizi innovativi (definibile con il termine inglese time to competency).

“È così che l’apprendimento e la formazione acquisiscono un ruolo centrale all’interno del mondo produttivo” (F. Dal Fiore, G. Martinotti, 2006). Con lo sviluppo dei flussi di informazioni e le tecnologie della comunicazione, nascono diverse forme di formazione a distanza.

Innanzitutto bisogna tener presente che sono distinte diverse “generazioni” di formazione a distanza e, nonostante il senso comune, l’e-learning non appartiene alla prima generazione, anche se oggigiorno rappresenta una componente sempre più rilevante.

La formazione a distanza (detta anche FaD) di prima generazione nasce con l’avvento del sistema ferroviario e porta alla veicolazione di materiali didattici per via postale (corsi per corrispondenza); mentre la seconda generazione si sviluppa alla fine degli anni sessanta attraverso l’utilizzo degli stampati con materiali audio-visivi e Cd-Rom (includendo quindi il CBT, la prima generazione di e-learning). La natura multi-mediale di Internet complica il rapporto con le precedenti generazioni di FaD, poiché si crea uno spazio nuovo in cui si veicolano media vecchi e nuovi. Spesso si parla dell’e-learning come FaD “di terza generazione”, anche se, pur includendo al suo interno le generazioni precedenti, l’e-learning non coincide esclusivamente con la FaD di terza generazione. Ad esempio, questo fenomeno è particolarmente evidente quando le persone stampano documenti da Internet per una lettura off-line più agevole (F. Dal Fiore, G. Martinotti, 2006).

Attraverso l’e-learning si rendono disponibili, a una platea sempre più ampia, diversi materiali digitali per i partecipanti, o meglio a studenti di scuole e università, o anche, ai dipendenti di aziende e altre organizzazioni. Seppure l’immagine dell’e-learning è molto legata a quella del computer, attraverso la convergenza tra le tecnologie informatiche, di telecomunicazione, mediatiche e l’accesso facilitato a Internet dal proprio cellulare, dallo smartphone e la televisione di casa (spesso connessa a internet) la sua immagine si sta notevolmente trasformando.

Questa ha generato e sta continuando a generare nuove forme di apprendimento attraverso l’e-learning, dove strumenti come la radio, la televisione, i social media, gli smartphone, e non solo, diventano strumenti per la condivisione delle informazioni e, se elaborata, anche di conoscenza. Però tutto ciò non può essere letto semplicisticamente come un progresso, ma richiede analisi e la messa in campo di circoli virtuosi al fine di attivare gli utenti a non subire le informazioni, quanto piuttosto a imparare a “filtrarle”, come diceva Umberto Eco, e a elaborarle per generare conoscenza, consapevolezza e pratiche che riescano a migliorare la qualità della vita, dei processi produttivi e dei servizi.

La piattaforma e-learning è uno strumento che può facilitare il compito della trasmissione delle informazioni e dell’elaborazione della conoscenza, poiché è possibile: approfondire i contenuti presentati nel manuale cartaceo; misurarsi con esercizi interattivi per auto-valutare il proprio grado di apprendimento; e co-costruire la conoscenza in modo partecipativo e cooperativo.

La piattaforma definisce, perciò, un nuovo modo di apprendere e di trasmettere le informazioni e, anche, di sviluppare la conoscenza attraverso metodi didattici nuovi, più dinamici e innovativi che possono presentarsi sia in termini di social networking sia di mobile comunication. Si può così passare dall’apprendimento alla creazione condivisa di conoscenza. Questo passaggio ha, però, in sé molteplice criticità, oltre che potenzialità. È certo che, in questo modo, l’apprendimento frontale e verticale può diventare un apprendimento orizzontale (dove c’è un database condiviso in cui il docente inserisce dei materiali sui quali i discenti dovranno discutere, confrontarsi, svilupparli ed elaborarli in conoscenze).

Attraverso lo sviluppo delle piattaforme, soprattutto di quelle che hanno implementato e migliorato l’interfaccia e le funzionalità di “forum” e di “chat”, sono nate e si sono sviluppate diverse metodologie, tra le quali quelle del crowdsourcing. In un articolo su Wired, Jeff Howe utilizzò il termine “crowdsourcing” (Jeff Howe, 2006) per indicare una metodologia di collaborazione che era utilizzata principalmente dalle imprese, le quali – attraverso la rete – richiedevano un contributo attivo agli utenti presenti sulle piattaforme partecipative, blog, social network, ecc. Per rappresentare questo modello operativo si possono fare degli esempi, quali: Wikipedia (le cui voci sono redatte e rifinite dai propri lettori), Amazon e Trip Advisor (in cui si possono fare recensioni libere, relative rispettive ai prodotti o ai servizi).

Spesso il crowdsourcing diventa un nuovo modello di open enterprise. Di fatto, già da anni molti sostengono un ulteriore passaggio “al web semantico (che alcuni già indicano con la sigla “web 3.0”): gli strumenti del web semantico permetteranno di creare più facilmente interconnessioni sociali basate su ontologie e contesti specifici, che renderanno più performanti le esperienze di social networking” (Alessandro Prunesti, 2010)

Alcuni studiosi, autori o professionisti ha sostenuto che la definizione proposta da Howe fosse imprecisa. Attualmente nella letteratura riguardante il crowdsourcing sono presenti più di quaranta differenti definizioni. Diversi autori hanno fornito definizioni del crowdsourcing. Estellés e González (2012), avendo effettuato uno studio approfondito di oltre quaranta definizioni del termine crowdsourcing propongono una nuova definizione integratrice: “Il crowdsourcing è un tipo di attività partecipativa online nella quale una persona, istituzione, organizzazione non a scopo di lucro o azienda propone ad un gruppo di individui, mediante un annuncio aperto e flessibile, la realizzazione libera e volontaria di un compito specifico” (Estellés e González, 2012).

Anni dopo, Jeff Howe, insieme a Joi Ito, ha scritto: “Nei sistemi tradizionali, dall’industria manifatturiera alla pubblica amministrazione, la maggior parte delle decisioni viene presa al vertice. Anche se può succedere che i dipendenti siano incoraggiati a suggerire prodotti e programmi” (Jeff Howe, Joi Ito, 2016). “I sistemi affiorati [però] sono basati sulla premessa che ogni individuo all’interno del sistema possieda informazioni esclusive che gioverebbero al gruppo. Tali informazioni vengono condivise quando le persone operano delle scelte su quali idee o progetti supportare o, per toccare un punto cruciale, quando prendono quelle informazioni e le usano per innovare” (Jeff Howe, Joi Ito, 2016).

Social Learning: nuove prospettive

L’attuale rivoluzione digitale richiede delle innovazioni di processo e delle nuove forme di organizzazione e di apprendimento continuo, che siano efficienti, veloci ed efficaci. Perciò diventa sempre più importante riuscire a fare un’adeguata rilevazione dei fabbisogni, una progettazione veloce e adatta ai continui cambiamenti ed erogare percorsi o corsi formativi affidabili, flessibili e calzanti rispetto alle esigenze rilevate dell’attuale scenario economico-sociale e organizzativo.

La formazione diventa così un tassello essenziale per lo sviluppo delle organizzazioni, che devono porre al centro la persona, tenendo ben presente l’importanza della collaborazione, dell’interazione individuo-macchina (e anche di quella macchina-macchina), degli aspetti comunicativi (soprattutto d’interfaccia con i clienti), e non solo.

Inoltre, la formazione non deve avere semplicemente l’obiettivo di trasmettere informazioni per riuscire a colmare “vuoti” di conoscenza, di competenze o di comportamenti, quanto piuttosto saper motivare le persone all’apprendimento, trovare nuove forme di trasmissione e di elaborazione delle informazioni e della conoscenza.

Il crowdsourcing e, soprattutto, le nuove piattaforme (alcune delle quali sono denominate con la definizione inglese Idea Management Tool, ovvero tradotto “strumento di gestione delle idee”) hanno sviluppato notevolmente le funzioni interattive, quali quella del Forum, e stanno continuando a innescare un cambiamento nel modo in cui si può organizzare il lavoro, la ricerca, ecc. L’introduzione di questi strumenti all’interno delle organizzazioni (sia di tipo scolastico e universitario sia aziendale) definisce il passaggio da un modello formativo e d’interazione tradizionale, sia d’aula sia e-learning, a modelli che hanno una forte impronta social e digitale (a cura di R.C.D. Nacamulli e A. Lazazzara, 2019).

Ma, come ben spiega Slavoj Zizek, l’altra faccia dell’interattività è l’interpassività “nella quale l’oggetto mi prende, mi espropria della mia passività, cosicché è l’oggetto stesso a godere dello spettacolo al mio posto, sollevandomi dal dovere di goderne a mia volta” (Slavoj Zizek, 2006). Pertanto, si potrebbe sostenere che, così come “l’effetto immediato del possedere un videoregistratore è che si guardano meno film” (Slavoj Zizek, 2006), attraverso le piattaforme collaborative, se non strutturate e organizzate in modo efficace e consapevole, si ha meno collaborazione, più autoreferenzialità e si producono idee ripetitive o banali. Bisogna, perciò, organizzare un servizio che progetti le interazioni e ne curi la regia. La piattaforma non è tutto, ma solo lo strumento. Se si perpetua il paradosso, dimenticando che è il lavoro a produrre valore, si cade nella cosiddetta “falsa attività”: “… nel caso dell’interpassività, io sono passivo attraverso l’altro. Concedo all’Altro l’aspetto passivo (il godere) della mia esperienza, rimanendo frattanto attivamente impegnato […]. Siamo così condotti alla nozione di falsa attività: le persone non agiscono solo in modo da cambiare qualcosa, ma possono anche agire per impedire che qualcosa accada, perché nulla cambi. In ciò risiede la strategia tipica del nevrotico ossessivo, che è freneticamente attivo per evitare che la cosa reale avvenga” (Slavoj Zizek, 2006).

Il concetto di condivisione degli Stati Generali si basa sulla semplicità di utilizzo dei social media, ovvero sulla possibilità di restare sempre in contatto, condividendo opinioni ed esperienze, delegando allo staff organizzativo del servizio formativo il compito di affievolire gli stati di “torpore” (Marshall McLuhan, 1964).

Ecco sorgere così una questione di rilievo che, attraverso gli Stati Generali della Formazione e del Lavoro, stiamo affrontando: quali servizi di supporto, implementati attraverso le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale, riusciranno a garantire un miglioramento nei processi di filtraggio delle informazioni, di collaborazione (anche multidisciplinare e interdisciplinare), di autoconsapevolezza e di consapevolezza, di benessere collettivo, ecc.? Quali sono le conoscenze, le competenze e i comportamenti su cui, in primis, la formazione deve o può intervenire?

Le questioni sono tante e, perciò, il progetto dovrebbe proseguire per riuscire a trovare alcune risposte e, soprattutto, nuove modalità di impostare le diverse problematiche.

È certo, ad ogni modo, che l’uomo non deve perdere la “memoria semantica” (Andreoli, 2019), lasciandola all’intelligenza artificiale. “Questa considerazione non è certo contraria alla possibilità di un uomo aumentato, ma devo ammettere di essere preoccupato dagli atteggiamenti che considerano il comportamento umano sul versante della quantità, poiché si crede che l’uomo sarebbe migliore se avesse di più, e così pensa sempre meno a ciò che ha dentro di sé o che si trova all’interno della comunità e che potrebbe essere realizzato”(Andreoli, 2019).

Una comunità di formatori (2ª PARTE)

Oggi la formazione non può più essere semplicemente pensata come un qualcosa che dà la forma, una mera e precisa trasformazione di nozioni, quanto piuttosto bisogna esaltare altri aspetti, quali: la creatività, la reciprocità, lo sviluppo. La formazione deve contribuire all’invenzione di nuove modalità di organizzazione creando veri e propri laboratori di apprendimento, o meglio ancora comunità di apprendimento (Spaltro, 1999; 2010).

Affrontando le problematiche attraverso quest’impostazione del problema ci porta dall’individuo al piccolo gruppo, dove si curano gli aspetti più emozionali, fino ad arrivare alla creazione e alla costituzione di una comunità, la quale può affrontare specifiche problematiche e, mediante processi e attività di supporto, compiere decisioni.

Questo è quello che si sta proponendo con gli Stati Generali della Formazione e del Lavoro: creare una comunità di professionisti della formazione che, dal momento in cui riuscirà ad acquisire una consapevolezza di ruolo e delle trasformazioni in atto, compirà scelte e decisioni sempre più adeguate, precise e incisive riguardo al proprio futuro e rispetto ai cambiamenti socio-economici, tecnologici e organizzativi.

Una nuova prospettiva di sviluppo: dall’individuo al piccolo gruppo, fino alla comunità d’apprendimento

La metodologia innovativa e blended adottata dagli Stati Generali è capace di integrare le potenzialità dell’apprendimento in presenza (con percorsi, corsi e workshop) con quelle virtuali e a distanza (attraverso piattaforme, streaming, social media, ecc.); sperimentare modalità diverse di interazione tra i partecipanti (organizzate e supportato dallo staff e dall’assistenza ai clienti); favorire il lavoro di collaborazione e ampliare la base della conoscenza condivisa (grazie all’utilizzo di materiali didattici ed eventi in cui ci si avvale di un supporto scientifico); responsabilizzare e sensibilizzare i discenti (all’uso delle tecnologie digitali, a mettersi in gioco e ad approfondire specifiche tematiche allo scopo di dare un contributo valido e significativo all’interno della comunità).

Pertanto, il principale obiettivo del progetto rimane quello di creare una comunità di formatori, per così dire, “autopoietica” (ovvero che si “formi” continuamente da sé), che attraverso la discussione tra pari (effettuata attraverso sfide lanciate da specialisti e coordinata da profili competenti), il confronto con esperti delle tematiche scelte (attraverso position paper, materiali digitali di diverso tipo, workshop, ecc.), elaborazione e attività di supporto svolto dallo staff (tutor, coordinatori didattici, animatori, ecc.) riesca a “co-produrre” il Libro Bianco della Formazione. In questo testo, co-redatto da tutti i partecipanti ed elaborato dallo Staff, sono espresse ed elaborate le diverse idee pubblicate, le problematiche intrinseche nelle specifiche tematiche affrontate e, anche, le possibili soluzioni o strumentazioni e metodologie che possono essere messe in campo quando ci si confronta con determinati fenomeni e si vuole proporre determinanti cambiamenti da effettuare all’interno del sistema formativo italiano. Questi cambiamenti proposti ed elaborati dalla comunità di professionisti della formazione può assumere un valenza politica e tecnica e, quindi, trasformare in maniera consapevole e adeguata il sistema formativo. Questi cambiamenti da imporre istituzionalmente sono elaborati e definiti dalla comunità stessa, messa in opera dal progetto in quanto tale.

Si attiva uno spazio ideale che connette e utilizza la conoscenza e l’esperienza, a tutti i livelli, di dipendenti, ricercatori, stakeholder e professionisti al fine di promuovere l’innovazione attraverso una discussione continua su tematiche inerenti la comunicazione e il deployment di obiettivi organizzativi, la rilevazione del fabbisogno formativo e di competenze, la progettazione di percorsi formativi e il monitoraggio dell’attuazione di politiche e di processi di apprendimento.

“Le persone utilizzeranno le tecnologie per formare reti educative interattive, dove potranno apprendere le une dalle altre in una dimensione di parità, di apprendimento cooperativo. Le relazioni multidimensionali collaborative consultive accelereranno l’acquisizione e il padroneggiamento di argomenti difficili e la costruzione di nuove conoscenze. Le risorse educative multimediali disponibili in rete metteranno a loro volta i formatori in grado di creare e ritagliare su misura gli ambienti di apprendimento nelle loro aule per perseguire particolari obiettivi legati all’apprendimento osservativo, alle attività di esplorazione, all’insegnamento verbale attraverso sintesi cognitive innovative delle conoscenze acquisite” (Antonello Calvaruso, settembre 2019).

“Per modellare il proprio futuro lavorativo e sociale la persona dovrà essere messa in grado di sentirsi capace di ottenere cambiamenti sociali significativi. Il cambiamento personale e la trasformazione sociale sono due approcci complementari e di reciproca causalità per il miglioramento della qualità della vita” (Antonello Calvaruso, settembre 2019).

Questo sistema è caratterizzato da un processo di elaborazione permanente di proposte per il rafforzamento dell’offerta formativa a supporto dello sviluppo del Paese e rappresenta il primo esperimento nazionale di una comunità professionale che partecipa attivamente al processo di sviluppo e scrittura di una conoscenza collettiva. Il sistema è basato sulla proposta di temi specifici, definiti “sfide”, su cui focalizzare l’attenzione e porre domande a un pubblico diversificato al fine di raccogliere approfondimenti e dati deputati facilitare l’attivazione di cicli di apprendimento che comportino significativi miglioramenti dell’organizzazione su cui si agisce. Il sistema facilita la connessione delle persone a partire da idee utili a generare un dialogo propositivo tra pari e tra comunità estese di stakeholder, in maniera tale da sviluppare nuove forme di collaborazione interdisciplinare che possano generare soluzioni in termini di formazione, comunicazione e proposte di azioni ritenute idonee al miglioramento del sistema nel suo complesso.

Il processo di apprendimento è garantito quindi dalla promozione della condivisione delle conoscenze attraverso uno spazio innovativo in grado di collegare persone, settori aziendali, esperti del settore e professionisti.

Riferimenti bibliografici

  • Marshall McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man (1964).
  • Alain Touraine, La société post-industrielle (1969)
  • Daniel Bell, The coming of post-industrial. A venture in social forecasting (1973)
  • Daniel Bell, The winding passage. Essays and sociological journeys 1960-1980 (1980)
  • Richard Normann, Rafael Ramìrez, Designing Interactive Strategy. From Value Chain to Value Constellation (1994)
  • Manuel Castells, The Rise of the Network Society (1996)
  • Tim Berners-Lee, Weaving the Web. The Original Design and Ultimate Destiny of the World Wide Web by Its Inventor (1999)
  • Gianluca Fubelli, Che cos’è l’e-learning (2002)
  • Tim O’Reilly, What Is Web 2.0 (30 settembre 2005)
  • Filippo Dal Fiore, Guido Martinotti, E-learning (2006)
  • Jeff Howe, The Rise of Crowdsourcing (giugno 2006)
  • Slavoj Zizek, How to Read Lacan (2006).
  • Jeff Howe, Crowdsourcing. Why the power of the crowd is driving the future of business (2009)
  • Alessandro Prunesti, Enterprise 2.0. Modelli organizzativi e gestione dei social media per l’innovazione in azienda (2010)
  • Spaltro, Il gruppo. Sintesi e schemi di psichica plurale (1999)
  • Spaltro, Conduttori. Manuale per l’uso dei piccoli gruppi (2010)
  • Estellés e González, Towards an integrated crowdsourcing definition (2012)
  • E. Brynjolfsson, A. McAffe, The Second Machine Age: work, progress, and prosperity in a time of brilliant technologies (2014)
  • Jeff Howe, Joi Ito, Whiplash: How to Survive our Faster Future (2016)
  • Aa. Vv., 4 punto 0. Fabbriche, professionisti e prodotti della Quarta rivoluzione industriale, 2017
  • Ippolita, La tecnologia del dominio (2017)
  • Andreoli, L’uomo col cervello in tasca. Come la rivoluzione digitale sta cambiando i nostri comportamenti (2019)
  • Antonello Calvaruso, Social Learning. Stiamo pensando a nuove modalità di apprendimento individuale e collettivo (2019)
  • A cura di Raoul C. D. Nacamulli e Alessandra Lazazzara, L’ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo sviluppo organizzativo (2019)
  • Antonello Calvaruso, Tecnologie e reti educative interattive per trasformare l’individuo e il sociale (18 settembre 2019)

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